Il cambiamento e le ricadute, le ricerche di Marlatt e colleghi parte 1

Cambiamento e ricadute

Introduzione

     Il cambiamento è un percorso, e una tappa importante di questo percorso sono le ricadute. “Ricaduta” è un termine di origine medica che descrive il ritorno ad uno stato patologico dopo un periodo di remissione dalla malattia.

     In passato il termine ricaduta descriveva in psicologia delle dipendenze l’esito negativo, ovvero l’interruzione dell’astinenza da parte della persona e quindi il fallimento dell’intervento riabilitativo. Questo modo di vedere si è dimostrato riduttivo, oggi in psicologia si preferisce vedere alla ricaduta come parte del processo di cambiamento. 

     Uscire dalle dipendenze così come cambiare abitudini sono delle forme di apprendimento, e gli errori, o le ricadute, sono una parte di questo processo da cui è possibile imparare. Questo non vuol dire che siano inevitabili, ma è certo che in ogni tentativo di cambiamento siano piuttosto comuni. Le ricadute sono un momento importante non solo in relazione alle dipendenze da sostanze, ma in tutti i cambiamenti voluti attivamente, che sia uscire da un disagio psicologico, cambiare un’abitudine o un comportamento.

Ricaduta, lapse, relapse e prolapse

     Nella letteratura accademica si usano tre termini inglesi per descrivere tre aspetti distinti della ricaduta: lapse, relapse e prolapse.

     Il lapse è uno scivolone, una ricaduta momentanea, una persona che ha smesso di fumare ma che in un momento di stress fuma una sigaretta chiesta ad un collega. Questo primo momento è un lapse, e i suoi esiti possono essere o il relapse, la ricaduta vera e propria, ovvero la persona incomincia nuovamente a fumare regolarmente, oppure il prolapse, che descrive il rimettersi in carreggiata e tornare all’astinenza.

     Ci sono quindi due momenti distinti e molto importanti a cui chiunque voglia cambiare deve prestare particolare attenzione, evitare i lapse (fumare quella prima sigaretta nel momento di stress) ed evitare nel caso si sia tornati al comportamento precedente che il lapse diventi una ricaduta vera e propria.

     Un grande ricercatore che ha dedicato tutta la sua carriera a studiare come avvengono e come prevenire le ricadute è Alan Marlatt.

Gli studi di Marlatt e colleghi sulla ricaduta

     Marlatt inizò a studiare le ricadute sul finire degli anni’70 quando lavorava sia come ricercatore che come clinico nel settore della riabilitazione per problemi legati all’alcolismo. Con i suoi colleghi fecero uno studio di follow up (uno studio che indaga gli effetti a lungo termine di un intervento) con un gruppo alcolisti appena usciti da un

Alan Marlatt, ricercatore che ha studiato le ricadute e come prevenirle

Alan Marlatt, ricercatore che ha studiato le ricadute e come prevenirle

programma di recupero in comunità. Più della metà dei partecipanti ebbe una ricaduta entro 90 giorni dalla fine dell’intervento. I ricercatori raccolsero una gran mole di informazioni su queste ricadute e fecero una tassonomia delle situazioni rischiose più comuni (nelle quali le persone avevano incominciato nuovamente a bere) e dei fattori mentali  associati a queste situazioni.

     Sulla base di queste prime informazioni i ricercatori misero a punto una serie di interventi mirati ad aumentare le abilità di coping, ovvero di gestione delle situazioni difficili emerse nel primo studio. Per valutarne l’impatto lavorarono con due gruppi di ex bevitori, ad un gruppo insegnarono le abilità di gestione delle situazioni difficili, e con l’altro fecero un tradizionale intervento supportivo. Monitorando l’andamento dei due gruppi nel tempo i ricercatori verificarono che il primo aveva risultati migliori per quanto riguarda le ricadute. Questi risultati furono incoraggianti e da allora sono stati svolti molti studi sull’argomento, che hanno portato Marlatt e colleghi ad elaborare sia un modello teorico sulle ricadute che un metodo di intervento per la loro prevenzione.

     Originariamente il modello è stato pensato in relazione ai problemi di alcolismo, ma i processi che si verificano sono stati trovati in diverse aree come le altre dipendenze da sostanze, i disturbi psicologici in genere, la dieta, i comportamenti aggressivi, il fumo.

     Il modello indica che c’`e un’interazione fra fattori personali (le emozioni, il coping, l’autoefficacia, e le aspettative sugli effetti della sostanza) e fattori ambientali (influenze sociali, accesso alla sostanza) che influisce su quanto la situazione sia rischiosa.

     Se una persona ha scarse capacità di coping e/o una scarsa autoefficacia è probabile che ricada provvisoriamente nell’uso della sostanza (lapse). Le persone che cedono sperimentano quello che gli autori chiamano effetto da violazione dell’astinenza (AVE), quel tipico stato fatto di senso di colpa, autocondanna e sensazione di perdita di controllo molto caratteristico nelle persone che infrangono una regola che si erano dati e ritornano ad un comportamento problematico “proibito”.

     L’ave, contiene sia una componente affettiva che una cognitiva. La parte affettiva è legata ai sentimenti di colpa, vergogna e assenza di speranza, che spesso sono attivati dalla discrepanza che la persona sente fra la nuova identità ricercata con impegno (essere un non fumatore… magro… atletico… sobrio…) e la ricaduta che mette tutto in discussione.

     La parte cognitiva dell’ave è composta dalle spiegazioni causali che gli individui emettono spontaneamente per spiegarsi la ricaduta. Marlatt e colleghi hanno teorizzato questa parte ispirandosi ai lavori di Weiner sulla teoria attribuzionale, che come abbiamo visto in precedenza ispirò anche Seligman e colleghi per concettualizzare gli stili esplicativi.

     Anche qui le persone si spiegano in modo automatico le ricadute, e lo fanno elaborando spiegazioni che variano in 3 dimensioni, interno/esterno, globale/specifico, controllabile/incontrollabile. Le persone che credono la ricaduta sia dovuta a fattori interni, incontrollabili e globali ( ad esempio, “sono malato di alcolismo, è genetico, posso smettere ma solo per poco, fallirò sempre, non ne uscirò mai”) sono le persone che hanno un maggior rischio di tornare stabilmente all’uso della sostanza. O per usare la terminologia vista prima sono le persone che hanno maggior rischio di trasformare un lapse (una prima ricaduta provvisoria) in un relapse (una ricaduta durevole).

     Di contro se le persone pensano che il lapse sia dovuto a fattori esterni, provvisori e controllabili hanno maggiori probabilità di rimettersi in carreggiata.

     Le persone che riescono a vedere nella ricaduta un’esperienza di apprendimento transitoria riescono a gestire situazioni simili in futuro allargando il loro repertorio di strategie di gestione delle situazioni a rischio e di autoregolazione, rendendo il processo di cambiamento più efficace.

     Come abbiamo detto l’aspetto centrale del modello è la classificazione dei fattori e delle situazioni che contribuiscono all’insorgere delle ricadute. I fattori si dividono in due categorie: fattori diretti (immediate determinants) e fattori indiretti (covert determinants).

     I fattori diretti sono: le situazioni a rischio, le abilità di coping della persona, le aspettative sugli effetti della sostanza/comportamento, l’autoefficacia e l’ effetto da violazione dell’astinenza, AVE (abstinence violation effect).

     I fattori indiretti sono gli squilibri nello stile di vita e gli impulsi a ricercare il comportamento precedente.

    Nel prossimo articolo vedremo i diversi fattori del modello, per poi concentrarci sull’ave, che descrive quel delicato momento di passaggio fra il lapse, il relapse o il recupero.

Riferimenti Bibliografici

Larimer ME, Palmer RS, Marlatt GA, Relapse prevention. An overview of Marlatt’s cognitive-behavioral modelAlcohol Res. Health 23 (1999) 151–160

Marlatt GA, George WH. Relapse prevention: introduction and overview of the modelBr. J. Addict 79 (1984) 261–273.

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